Di motivi per visitare Città del Messico ce ne sono infiniti.
Si può cominciare dallo Zocalo, la piazza centrale della città, che da sola è un concentrato di monumenti, appartenenti a diversi periodi storici, quali il Templo Mayor, la Cattedrale barocca e il Palazzo Nazionale con i Murales di Diego Rivera, che raccontano la storia del popolo messicano. Si può continuare con il Museo nazionale di Antropologia, dove ci si inoltra in un viaggio affascinante fra le culture precolombiane, dai Maya agli Aztechi, dai Toltechi agli Zapotechi. Ci si può inoltrare fino a Teotihuacan, che stupisce con le sue Piramidi del Sole e della Luna, oppure visitare la Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, principale luogo di culto del Messico e di tutta l’America Latina. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Ogni angolo di questa splendida città rappresenta una vera conquista per chi ha il piacere e la curiosità di trovare custodito in ogni pietra il passato e la storia di un popolo.
Per questo motivo mi limiterò a parlare di ciò che mi ha maggiormente emozionata. La Casa Azul (Casa Azzurra), il Museo dedicato alla pittrice messicana Frida Kahlo, nel quartiere di Coyoacàn, dove la presenza di altri musei (quello di Leon Trotsky), i viali alberati e i caffè testimoniano ancora un luogo frequentato da intellettuali e artisti.
La casa ti accoglie con quel colore blu acceso, caldo ed estroso, che subito ti fa comprendere la fantasia e l’originalità di chi la abitò. In questa dimora Frida nacque e trascorse gran parte della sua vita. L’infanzia, il grande amore che la legò al pittore e marito Diego Rivera, la sua natura passionale e ribelle, la sua arte… molto trasuda dalle mura di questa dimora, che fu donata da Rivera al popolo messicano, proprio affinché fosse trasformata in un luogo che ricordasse e testimoniasse il valore dell’opera di sua moglie.
Qui è rimasto tutto com’era: le camere da letto, la grande cucina, lo studio, la camera da pranzo. Vi sono anche molte testimonianze della loro vita vissuta, fra cui lettere e oggetti di uso quotidiano. Non mancano opere dello stesso Rivera, ma anche di altri artisti, quali José Maria Velasco, Paul Klee, Marcel Duchamp e Yves Tanguy.
E poi, immancabilmente, ci sono le opere più importanti di Frida. Tutti i suoi quadri regalano emozioni che parlano della vita, con le sue gioie e i suoi dolori, e di temi fondamentali per la psicologia femminile quali la maternità, il rapporto con il proprio corpo o l’accettazione di sé. La crudezza e al tempo stesso la sensibilità fuori dal comune che ritroviamo nei suoi dipinti la rendono ancora oggi una delle pittrici che maggiormente hanno anticipato la modernità. Da essi trapela anche la forza straordinaria di questa donna, che dovette affrontare molte disgrazie, fra cui l’incidente in autobus, che a soli diciotto anni la costrinse ad anni di riposo nel letto di casa, con il busto ingessato, e a ben trentadue operazioni chirurgiche. I suoi cimeli ci raccontano anche il rapporto amoroso con Rivera, che sposò ben due volte, e che fu tempestoso e costellato di tradimenti. E ancora i suoi quadri ci rivelano l’aborto e la mancata maternità, che forse fu il suo più grande rimpianto.
Tutto ciò, però, non impedì a questa donna di divenire una grande artista, di partecipare attivamente alla vita politica del suo paese, di viaggiare, conoscere il mondo, tessere profonde amicizie con artisti e politici del tempo, amare ed essere riamata. In poche parole, di vivere pienamente la sua vita.
La storia di Frida simboleggia e rappresenta più che mai il potere salvifico dell’arte e della creatività. Nei lunghi mesi di convalescenza inchiodata a letto una ragazza, invece di abbandonarsi alla disperazione, sfoga la sua rabbia e il suo dolore su una tela, trasformando e rielaborando un gravissimo incidente di vita in un’occasione, quella di esprimere e liberare il suo talento. Da quest’esperienza ne uscirà una persona forte e determinata, una grande donna prima ancora che una grande artista.
Per consigli su letture e viaggi visita il blog Il giro del mondo con un libro in mano di Rita Massaro